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Ernst Christoph Suttner:
Gli avvenimenti dell'anno 1054
ed il desiderio di comunione ai nostri giorni

 

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Il nostro tema concerne gli avvenimenti dell'anno 1054. A tal scopo chiariamo innanzitutto cosa è successo nel 1054 (o meglio cosa non è successo).

1. Tra cattolici ed ortodossi, non esiste nessuna millenaria separazione nella fede.

Molti nostri contemporanei considerano l'attuale divisione tra Greci e Latini come una separazione nella fede e chiamano Ortodossi i Greci, e Cattolici i Latini. A guisa dei fondamentalisti, presuppongono che la cosa sia stata così compresa da tutti e che lo sarà sempre in futuro, e acriticamente fanno risalire la loro discutibile opinione della realtà di una tale separazione nella fede, addirittura a tempi primordiali. Così formularono l'idea che è da più o meno mille anni che i Cattolici e gli Ortodossi sono reciprocamente separati nella fede. Quando infine si introdusse tale idea sbagliata nelle lezioni di storia, si volle poter dire agli alunni delle scuole quando la divisione fosse cominciata. Si fece allora un primo tentativo di datare la presunta separazione della fede ai giorni del patriarca Fozio di Costantinopoli. Ma quando capirono che Fozio non restava separato da Roma e che tale asserzione quindi non era possibile, senza un esame più preciso dello stato di fatto, si suppose che lo schisma fosse avvenuto nel 1054. Così nacque il purtroppo diffusissimo mito del cosiddetto "grande scisma dell'anno 1054".

Dato che noi oggi non vogliamo occuparci di favole, ma della storia della chiesa, dobbiamo prendere le distanze da tale errore di ritenere che nel 1054 si sia arrivati ad una separazione nella fede. Non e lecito usare le denominazioni "Cattolici" e "Ortodossi" come nomi di confessioni in quell'epoca di mille anni fà, ma solo quando parliamo del periodo successivo al Concilio di Trento. Entrambe queste parole ("Cattolici" e "Ortodossi"), che originariamente indicavano le caratteristiche di ognuna delle chiese (cosa che tra l'altro continuano a fare fino ai nostri giorni!), in effetti ricevettero solo dopo il Concilio tridentino un secondo significato e divennero anche nomi della confessione di una determinata chiesa (1). Prima, "cattolico" indicava esclusivamente una delle caratteristiche di tutte le vere Chiese, che sono enumerate nell'antica professione di fede di Nicea-Costantinopoli, e dove la Chiesa, come tutti sanno, è definita una, santa cattolica ed apostolica. "Ortodosso" per secoli non significava altro che "credente correttamente", sia presso gli Orientali che presso gli Occidentali. Ancora nel seicento, il grande Metropolita e teologo Petr Mogila, che fu un acceso avversatore dell'unione con Roma, usava la denominazione "ortodossa" non solo per la sua Chiesa, ma anche per quella romana (2). Inoltre, ogni sacerdote occidentale, che celebri la Messa in latino usando la prima preghiera eucaristica (l'antico Canone romano), prega ancor oggi per i fedeli della sua Chiesa occidentale con le parole: "pro omnibus orthodoxis atque catholicae et apostolicae fidei cultoribus".

Alla nostra ricerca sulla natura degli avvenimenti del 1054, bisogna rispondere che la separazione nella fede tra greci e latini, che secondo quel che si dice sarebbe accaduta mille anni fà, diversi secoli prima della Riforma protestante, in realtà non avvenne prima del settecento. Certamente, tra Greci e Latini ci furono numerosi contrasti su singoli punti della dottrina, già nel medioevo ed in tempi più recenti, ed anche frequenti accuse di falsificazione della fede lanciate privatamente da teologi e da eminenti prelati. Ma nemeno quei chi credevano all'esistenza di una deviazione nella fede, erano dell'idea che tale deviazione risalisse agli avvenimenti storici del 1054. E in realtà nessuna autorità della Chiesa greca o della Chiesa latina, prima del settecento, mai a rimproverato l'altra parte per una falsificazione della fede.

2. Parlare di una separazione nella fede tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa contraddice l'ecclesiologia del Concilio Vaticano II.

Un cattolico, che si riconosca nell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, non può parlare di separazione nella fede tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa, almeno che non voglia andare contro l'insegnamento della nostra Chiesa. In effetti, come è noto, il Concilio Vaticano II insegna: nelle Chiese orientali, che non sono in comunione con noi cattolici, "si costruisce e cresce … la Chiesa di Dio" (3). Da ciò derivano due fatti, che sono evidenti, ma di cui purtroppo finora cattolici e non cattolici non hanno consapevolezza.

Il primo fatto è che la Chiesa di Dio, secondo l'insegnamento dell'ecclesiologia cattolica, è infallibile, e ciò significa che è la Maestra dei fedeli ed è assistita dallo Spirito Santo. È anche vero che non è in grado di esprimere la pienezza della verità, poiché una tale perfezione non è concessa alla Chiesa terrestre, come afferma San Paolo: "Conosciamo infatti imperfettamente, e imperfettamente profetizziamo. Ma quando verrà la perfezione, sarà abolito ciò che è imperfetto" (4).

La vita e l'insegnamento della Chiesa sulla terra restano caratterizzati dall'imperfezione ed hanno bisogno di un continuo miglioramento. L'infallibilità della Chiesa non si riferisce alla perfezione della sua conoscenza, piuttosto significa che, grazie all'assistenza dello Spirito Santo, nessuna Chiesa si allontana dalla verità, ma vi si avvicina. Sarebbe un'incoerenza se un cattolico, conformemente al Concilio Vaticano II, chiamasse la Chiesa Ortodossa la nostra Chiesa sorella, ma contemporaneamente fosse preoccupato che il suo insegnamento dogmatico contraddice la verità della fede.

Il secondo fatto è che il nostro simbolo della fede ci insegna che la santa, cattolica ed apostolica Chiesa è un'unica Chiesa ed ogni comunità, che è chiamata pienamente e a diritto Chiesa, appartiene all'unica, santa, cattolica ed apostolica Chiesa. In effetti, il fine che noi ci prefiggiamo nel dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica e la chiesa ortodossa, è già attuato da molto tempo da Dio. Nella sua immensa bontà Egli ha già riunito i due partner del dialogo nella Sua unica Chiesa. Da quando il Concilio Vaticano II ha definito le Chiese orientali Chiese sorelle, nel pieno senso ecclesiologico, l'unico desiderio possibile ai nostri giorni è di lasciare riprendere vita alla comunione, al fine di rendere conoscibile, anche empiricamente, quella che già da molto tempo sussiste grazie a Dio.

Conformemente all'ecclesiologia del Concilio Vaticano II, i cattolici e gli ortodossi non solo non sono "divisi nella fede", ma non lo sono sotto alcun aspetto che per Dio abbia validità, poiché nella verità e nella grazia sono unite. Non appena le due Chiese dell'Oriente e dell'Occidente ne saranno convinte anche umanamente, lo scisma odiato da Dio che esiste tra loro, avrà una fine.

3. Esistono scismi senza separazione nella fede?

Dal Novecento i teologi hanno preso una brutta abitudine: equiparano tutte le divisioni, ogni scisma, a quelle frazioni che erano nate nelle chiese d'occidente dopo le azioni dei riformatori protestanti. Fino all' inizio del Cinquecento la tradizione cristiana nell' occidente era stata una. Le proteste dei protestanti fecero sì che tale unica tradizione fosse divisa in due. Nacque la lite, se corrispondesse al vangelo il patrimonio di fede della tradizione della Chiesa che fu ritenuto santo dai padri comuni di tutte le due parti, e che una parte continuò a ritenere santo anche dopo la divisione. La protesta dei riformatori contro certi punti della tradizione, comuni da secoli, e la ferma adesione a tali punti della parte opposta fedele all' intera tradizione, furono pronunziati in modo agitatissimo. Le fazioni ritennero aspetto centrale della loro dottrina di fede quanto negavano o affermavano. Perciò interpretarono la loro divisione come una divisione di fede. Da due scuole teologiche nacquero così due confessioni diverse, convinte di essere divise nella fede.

Tutto diverso il nostro caso. Mai è esistito un periodo in cui gli antenati dei cattolici di oggi e gli antenati degli ortodossi di oggi abbiano avuto una comune tradizione ecclesiale, che sarebbe stata poi spezzata in due correnti diverse. Le tradizioni orientali ed occidentali sono sempre state diverse. Lo afferma il Concilio Vaticano II nel decreto Unitatis Redintegratio: "L'eredità tramandata dagli Apostoli è stata accettata in forme e modi diversi e, fin dai primordi stessi della Chiesa, qua e là variamente sviluppata …" (5)

Tra le chiese locali, alle quali spetta tale dichiarazione, la varietà non deriva dalla deviazione in partenza da una comune tradizione anteriore, non deriva da una divisione nata da una contraddizione - come è invece il caso tra le confessioni occidentali. No, la diversità tra oriente ed Occidente fin dagli inizi era aspetto caratteristico della tradizione antica ecclesiale. Finchè tra le chiese, caratterizzate diversamente, in Oriente ed Occidente regnava la comprensione e la carità (6), finchè confidavano l'una nell' altra, che ognuna guardava sotto la guida dello Spirito Santo alla unica verità del vangelo, allora la diversità non era causa di divisione, ma anzi arricchimento per la chiesa universale.

Queste mie riflessioni si possono comparare con alcuni gruppi di scalatori che si apprestano a salire un monte. Uno viene dal sud, l'altro del nord, un terzo da Ovest e cosi via, ed ognuno ha una visione molto diversa dell' aspetto del monte. Il monte è unico, però per descriverlo completamente si devono sommare le descrizioni di ognuno dei gruppi. Solo così la Chiesa universale può riassumere le diverse visioni della verità rivelata, e le forme diverse della vita ecclesiale, per avere un quadro completo della verità. Quando però nelle chiese diverse cominciò la "mancanza di mutua comprensione e carità" , allora smisero di donarsi fiducia a vicenda, di credere che tutte erano orientate all' unica verità del vangelo. Allora caddero nell' errore, che solo la propria visione fosse corretta, quella degli altri però eretica. Sfuggì loro, che le forme diverse erano esistite fin dagli inizi, e ritenevano erroneamente che in un passato lontano tale diversità fosse nata da una situazione simile a quella accaduta tra cattolici e protestanti nel Cinquecento. Interpretarono falsamente le loro diversità come contraddizioni e le ritennero erroneamente divisioni di fede.

Contro tale interpretazione erronea della storia il Concilio Vaticano II dice nel decreto Unitatis Redintegratio, che esistono "due principali categorie di scissioni, che hanno intaccata l'inconsutile tunica di Cristo" (7). In ambedue i casi è scisma vero, però non sempre è divisione di fede. È bene tener conto della distinzione dei due tipi di scissioni. Ogni divisione è una malattia della Chiesa, e la ricerca di un rimedio è simile al lavoro di un medico. Il medico, che fa una diagnosi sbagliata, non può avere successo.

4. Il reale carattere della divisione tra Cattolici ed Ortodossi.

Sebbene non ci sia una separazione nella fede tra Cattolici ed Ortodossi, nessuno può negare che queste vivano reciprocamente uno scisma e che, anche nel passato, i periodi in cui i Latini ed i Greci erano in scisma furono più lunghi dei periodi in cui vivevano in comunione. Dunque, che cosa è uno scisma se non una separazione della fede? Se non è ciò che la maggior parte dei nostri contemporanei al giorno d'oggi usa equiponere con uno scisma?

Per trovare una risposta a queste domande, riferiamoci agli Atti degli Apostoli, dove è esposto cosa la Chiesa dovrebbe essere. Là si legge: "La moltitudine di coloro che avevano abbracciato la fede aveva un cuore e un'anima sola" (8) e con questo si vuole significare: restare fedeli alla verità della fede, comunione nella vita quotidiana (fino ad arrivare alla comunione dei beni), comune compimento della frazione del pane (= la vita sacramentale) e comunione nella preghiera. Ed ancora, negli Atti degli Apostoli si dice: "Essi partecipavano assiduamente alle istruzioni degli apostoli, alla vita comune, allo spezzare del pane e alle preghiere … Tutti i credenti, poi, stavano riuniti insieme e avevano tutto in comune." (9)

Certamente già nei primi capitoli degli Atti degli Apostoli, ed in genere negli studi sulla storia della Chiesa, appare che il discorso di "un cuore ed un'anima sola" è la descrizione di un ideale che la Chiesa non raggiunse mai, né ai tempi apostolici, né in seguito. Quanto più il reale rapporto reciproco si allontana dall'ideale, tanto più appropriata è la definizione di scisma per descrivere la situazione. Per uno scisma non si è dovuti arrivare ad una controversia sulla verità della fede.

5. Esempi di scisma nella storia della Chiesa, ai quali si è arrivati a causa di carenze nella vita e non nella dottrina.

  1. La terminologia sull'incarnazione del Figlio di Dio, che il Concilio di Calcedonia (451) avrebbe voluto imporre alle Chiese locali della tarda antichità, quale riprova della loro fede ortodossa, non fu accettato da tutte le Chiese locali. Al fine di ristabilire l'ordine riguardo al continuo dissenso sulle definizioni, l'imperatore Zenone fece redigere all'arcivescovo di Costantinopoli Akakios un cosidetto "Henotikon" (10), pubblicato nel 482, ed impose a tutte le Chiese dell'impero di considerarlo come una professione di fede. Si deve riconoscere che l'Henotikon, nel suo contenuto, era dottrinalmente corretto e non era in contraddizione con quello che il Concilio di Calcedonia voleva insegnare, sebbene andasse oltre le decisioni contenute nel testo (11). La Chiesa di Costantinopoli, il cui vescovo aveva redatto l'Henotikon, si conformò all'ordine imperiale, ma la Chiesa di Roma, poiché si voleva opporre all'intrusione imperiale nelle questioni di fede, ricusò la Communio.

    Solo a partire dal Concilio di Calcedonia, l'imperatore e la sua fazione vescovile vollero affermare l'ascesa di Costantinopoli come centro della Chiesa. Quando, dopo circa 30 anni l'Henotikon fu promulgato, l'ascesa di Costantinopoli non era ancora riconosciuta in tutto l'impero romano, ma già da allora cominciò uno scisma tra Roma e Costantinopoli, che durò per circa 35 anni, fino al 519.

  2. Nello scritto "La cristianità lacerata", Yves Congar mette in evidenza che Roma e Costantinopoli, durante i secoli in cui furono celebrati sei dei sette concili ecumenici dei Latini e dei Greci, sono stati in reciproco scisma (12), per un totale di più di 200 anni. Ai Greci ed ai Latini di quel tempo non è mai venuto in mente di contestare l'essere Chiesa dell'altra parte. Per questo, in occasione dei concili ecumenici, i loro vescovi potevano trattarsi reciprocamente come confratelli nell'ufficio pastorale. Certamente le Chiese si erano rimproverate pesanti abusi e per questo avevano ritenuto essere costrette alla rottura della Communio, per poter ottenere con la forza la correzione di ciò che loro consideravano sbagliato. Nonostante ciò, non dubitavano che l'una e l'altra insieme formassero l'unica, santa, cattolica ed apostolica Chiesa.

  3. Già nella tarda antichità, ci fu uno smembramento dell'impero romano, che portò ad una definizione non arbitraria dei confini, poiché teneva conto delle condizioni socio-culturali. Per questo motivo spesso ci furono tensioni tra le due parti dell'impero, che si ripercuotevano anche a livello della chiesa e che crearono bipolarità e rivalità nella cristianità greco-latina. Perfino gli interessi teologici dei Padri greci e latini furono notoriamente diversi, a causa delle differenti mentalità tra la parte orientale e quella occidentale dell'impero romano. Nella tarda antichità, questa divisione venne pattuita tra i due sovrani, i quali ebbero modo di accordarsi tra loro al fine di convocare, nei momenti di crisi della Chiesa, un concilio comune alla cristianità greco-latina, che rinnovasse la comunione per quanto questa fosse stata fragile, o forse addirittura perduta.

    Una nuova situazione cominciò, quando nel 800 Carlo Magno fu incoronato imperatore romano, senza l'accordo dell'Oriente. Carlo voleva essere l'imperatore romano per eccellenza, e non solo il sovrano della parte occidentale dell'impero. A Costantinopoli, la sua incoronazione fu considerata non valida e fu nominato ugualmente un imperatore romano. Quale dei due imperatori o meglio il successore di quale imperatore, a partire da allora, avrebbe potuto indire un concilio comune secondo la consuetudine e soprattutto prendersi cura dell'implementazione delle decisione conciliari?

    Le Chiese, che non potevano più parlare fra di loro, persero con il tempo anche la coesione.

  4. A seguito di un intricato processo, nell'858 fu deposto il patriarca di Costantinopoli Ignazio. Al suo posto fu scelto Fozio, un uomo molto colto, che fino allora era stato laico. Questi fu innalzato immediatamente dallo stato laicale al rango di patriarca. La fazione degli Zeloti (13) protestò contro la deposizione del loro beniamino Ignazio ed il Papa Nicola I si schierò con la loro fazione, poiché secondo l'usanza romana era inaudito nominare vescovo, ed addirittura patriarca, un laico senza alcuna esperienza di servizio clericale. Ciò significa che Nicola riteneva che la norma romana fosse utile anche a Costantinopoli e per questo chiese la destituzione di Fozio e la reintegrazione di Ignazio. In risposta, Fozio scrisse una serie di lettere polemiche, inclusa la sua famosa enciclica ai Patriarchi d'Oriente. Essendo un uomo molto dotto, Fozio conosceva un gran numero di discrepanze tra gli usi greci e quelli latini, discrepanze che lui interpretò come "deviazioni" dei Latini dalla vera dottrina e dai santi riti dei Greci. Poiché il Papa Nicola aveva rinfacciato ai Bizantini di non seguire le norme di Roma, Fozio criticò i Latini per le loro formulazioni particolari del credo comune, per la loro disciplina e per i loro usi nell'ufficio divino (14).

    Dopo una deposizione di Fozio da parte dell'imperatore nel 867, a seguito di un sinodo del 869/70 con i legati romani, che condannavano il deposto Fozio, e dopo la reintegrazione di Fozio nel servizio patriarcale nel 877, si arrivò nel 879/80 ad un altro sinodo, al quale parteciparono anche legati romani. Questo sinodo confermava il principio che ogni sede patriarcale dovesse conservare le antiche consuetudini della propria tradizione, la Chiesa di Roma le proprie consuetudini, la Chiesa di Costantinopoli le proprie, ed allo stesso modo i Troni orientali (15).

    L'esito degli eventi del 879/80 ci fornisce un criterio di giudizio utile per la lettura della polemica antiromana di Fozio negli anni precedenti al 869/70. Si capisce così perché Fozio avesse attribuito un'importanza secondaria alle rimostranze nei confronti dei Latini. Nel confrontare la sua spiegazione con la letteratura apologetica degli ultimi 200 anni, ad un lettore moderno, a causa di alcune somiglianze nel testo, potrebbe sembrare che le sue elaborazioni, almeno riguardo ai punti di discussione più importanti, presentino, così come nei nuovi testi, una fondamentale riprovazione della dottrina e degli usi romani. Tuttavia una tale interpretazione non può essere a lui attribuita, poiché, diversamente dai confessionalisti del nuovo tempo, per Fozio i riprovati "traviamenti" erano compatibili con l'unità della Chiesa. I Romani non "migliorarono" in nessun singolo punto, riguardo a ciò che Fozio aveva loro rimproverato, ma nonostante ciò egli preservò la comunione ecclesiale con loro, fino alla sua morte. Fozio giudicò i riprovati "traviamenti" della Chiesa latina solo come "forse problematici", ma non come un tradimento della vera tradizione della Chiesa.

    Col tempo in Occidente si dimenticò la conclusione della pace tra Fozio ed il Papa, e quando nel XIX secolo nelle lezioni di storia della Chiesa si cercava il momento in cui era cominciato lo "scisma greco", si rimase così colpiti dal tono degli scritti polemici di Fozio, che in seguito si ritenne lecito far apparire lui come il "colpevole". Si apostrofavano i Greci come "foziani" (secondo il modello della tramandata "denominazione degli eretici" come "ariani", "nestoriani", "giacobiti" ecc.). Ciò accadde anche nei testi ufficiali, per esempio in una lettera pastorale dell'arcivescovo di Parigi Sibour al tempo della guerra di Crimea (16). Tuttavia, quando la ricerca della storia della Chiesa tenne conto dei fatti del 879/80 e scoprì che Fozio, nel suo secondo mandato, era in comunione con Roma , si dovette abbandonare questa interpretazione e si arrivò al lampo di genio di escogitare il mito del cosiddetto "grande scisma del 1054.

    L'esperienza insegna che, per poter correggere un errore, i circoli curiali hanno sempre bisogno di un tempo più lungo. Nel 1933 si introdusse l'uso dell'inadatta denominazione "foziano", nell'elenco dei titolari delle diocesi pubblicato dalla curia romana (18).

  5. Allo scisma a causa delle discrepanze nella vita, non nella dottrina, si arrivò sia all'interno della Cristianità occidentale che orientale. Dal lato occidentale bisogna ricordarsi dello scisma papale dell'alto medioevo, quando dal 1378 la Chiesa latina si disgregò, per la presenza contemporanea di due e per un periodo addirittura di tre Papi, in fazioni papali tra le quali non vi era alcuna comunione. Nonostante ciò le fazioni furono insieme considerate - lo sono tuttora nei manuali di storia della Chiesa – come l'unica Chiesa occidentale, e non come chiese distinte fra loro. Poichè fra loro era in questione solo la guida della Chiesa, non si arrivò a condanne dottrinali od a controversie riguardanti la liturgia.

    Se per la parte orientale si prendono in considerazione le nuove Chiese autocefale, in effetti ci furono e ci sono tuttora scissioni di intere Chiese nazionali dalla panortodossia, basate su differenze canoniche e non dottrinali o liturgiche.

  6. Bisognerebbe ripercorrere l'intera storia della Chiesa, per rintracciare ciò che ha causato la divisione senza che la dottrina della fede fosse stata cambiata. Si capirebbe così che il 1054 è avvenuto troppo tardi per poterlo riferire all'inizio del processo di divisione tra Greci e Latini e troppo presto per riferirlo ai suoi effetti. L'allontanamento, al quale per molto tempo non si pose rimedio con dei concili ecumenici, crebbe sempre più

    • a causa dell'invasione normanna nel sud dell'Italia ed in Grecia nel XI secolo ed in seguito ai falliti tentativi di riconciliazione a partire dal 1054, che gli sono relativi;
    • a causa dei successi economici dei commercianti italiani presso i Greci ed a causa dell'invidia che ciò suscitava;
    • a causa delle crociate, dei tristi fatti a loro collegati e della profonda ferita che la memoria di quegli eventi ha lasciato nei Greci, in particolar modo la crudeltà in occasione della conquista di Costantinopoli nel 1204;
    • a causa della decisione ecclesiastica laterana, per la quale i vescovi greci sarebbero dovuti essere vicari dei latini;
    • a causa dell'espansione degli Ungheresi, dei Polacchi e degli ordini tedeschi nelle regioni con Chiese di tradizione greca ed il conseguente completo "ribattezzamento" da Orientali a Latini;
    • a causa del cambiamento culturale occidentale al tempo della Scolastica, con i nuovi modelli di pensiero in filosofia e teologia;
    • a causa delle crescenti rivendicazioni di sovranità sulla Chiesa da parte del Papa, a partire della riforma cluniacense, e perché nel frattempo molti apologeti ortodossi avevano (quasi) perso di vista ciò che era ecclesiologicamente giustificabile riguardo al ruolo del primo vescovo della Chiesa;
    • a causa del fallimento di tutti i successivi tentativi di unione, compreso il Concilio fiorentino;
    • a causa del sentimento dei Greci di essere stati traditi dall'Occidente durante la minaccia turca;
    • a causa di un ripetuto cambiamento di cultura dei Latini col sorgere di ancora nuovi modelli di pensiero filosofici, di scienze sociali e teologici, in epoca post-tridentina;
    • a causa del ruolo sociale e politico dei vescovi ortodossi nel regno turco e a causa dell'intromissione dei diplomatici occidentali nelle questioni confessionali (19).

    I fattori riportati sono tutti fattori non teologici. In quanto tali, evidentemente non poterono portare ad una modificazione della dottrina della Chiesa. Tuttavia hanno progressivamente intaccato la fiducia tra Latini e Greci, ed il crescente mutuo sospetto fece sì che nella Chiesa si levarono sempre più voci che incitavano a condanne reciproche. Per questo, numerosi teologi di entrambe le parti, poco a poco, smisero di considerare sistematicamente come complementari le diverse dichiarazioni teologiche; al contrario, cominciarono a classificare come sospetto di eresia, tutto ciò che deviava dal loro personale punto di vista.

  7. Soprattutto dopo il secondo concilio di Lione (1274), cominciò un'epoca in cui si analizzavano approfonditamente le divergenze. Si riteneva che lo scisma fosse stato causato da questi, qualora fosse fondato. Chi voleva veder superato lo scisma, studiava le divergenze teologiche e cercava di dimostrare che non c'era motivo per la continuazione dello scisma, poiché sia la dottrina latina che quella greca erano conformi alla Parola di Dio. Gli avversatori della conciliazione studiavano le stesse questioni e cercavano di dimostrare che le interpretazioni dell'altra parte erano una dottrina errata, e che perciò con loro non fosse ammissibile alcuna comunione ecclesiale. Ancora una volta fattori non-teologici erano all'opera. Perchè chi aveva una viva consapevolezza delle tensioni passate, era facilmente convinto dell'incompatibilità della dottrina dei Greci e dei Latini, mentre chi, a causa della debolezza del regno bizantino, sperava nella protezione e nell'aiuto delle potenze occidentali, spesso era per la tesi contraria.

    Per porre fine alla contesa, nel 1438 vescovi latini e greci si riunirono al concilio di Ferrara/Firenze. In quel momento erano consapevoli che le Chiese vivano nello scisma, ma riconobbero che da entrambe le parti venivano celebrati validamente i santi sacramenti della Chiesa di Cristo. Né il battesimo, né l'ordinazione di entrambe "le parti" furono contestati. Anzi i vescovi si consideravano reciprocamente come confratelli nell'episcopato, e ritenevano che insieme avevano il compito di studiare la dottrina e la vita della fede di entrambe. (20) Dovevano verificare se le differenze che c'erano fra loro nella dottrina e nella vita ecclesiale fossero ammissibili nel quadro della fede retta, o se forse i quattro punti, che a quel tempo erano ritenuti le principali cause di disputa, mettevano in questione la fede.

    I padri conciliari riconobbero la correttezza della fede di entrambe le parti. Riguardo ai quattro punti stabilirono,

    • che il Simbolo con o senza il "filioque" è corretto (21);
    • che nell'Eucaristia può essere usato sia pane lievitato che azzimo;
    • che non si deve parlare necessariamente di purgatorio, quando si menzionano i defunti e si prega per loro;
    • e che il vescovo di Roma, così come è sempre affermato "negli atti dei concili ecumenici e nei santi canoni", deve essere riconosciuto come il primo vescovo della cristianità.

    I padri conciliari di Firenze non videro alcun motivo di richiedere ai Greci di adottare il filioque od il pane non lievitato; di adoperare il termine "purgatorio" nel parlare dei defunti; o di accettare esplicitamente gli ultimi sviluppi occidentali nella comprensione dell'ufficio papale (22). Ai Latini non venne fatta la richiesta di abbandonare nel futuro, ciò che dal lato greco aveva provocato scandalo. Secondo il documento finale del concilio entrambe le parti, Latini e Greci, avrebbero potuto rimanere nelle loro rispettive tradizioni senza correzioni, ma avrebbero dovuto smettere di definire l'altro eretico.

    Riconoscendo che entrambe le Tradizioni erano corrette nella fede, progredì la convinzione che i fedeli di entrambe le parti, che fino allora erano separati, fossero tuttavia figli della stessa Chiesa Madre; che entrambe le parti, anche nello scisma reciproco, fossero legate fra loro, ricevendo gli stessi doni di grazia dello Spirito Santo; che perciò tra di loro fosse possibile una piena comunione ecclesiale. Perciò i Padri deliberarono che la piena comunione avrebbe dovuto cominciare, senza che da una parte venisse richiesta alcuna correzione all'altra. L'introduzione al loro testo conclusivo esprime la grande gioia che avevano provato per il raggiunto accordo:

    "Si rallegrino i cieli ed esulti la terra: è stato abbattuto il muro che divideva la chiesa occidentale e quella orientale ed è tornata la pace e la concordia, poiché quella pietra angolare, Cristo, che ha fatto delle due cose una sola, vincolo fortissimo di carità e di pace, ha congiunto le due parti e le ha unite e le tiene strette col vincolo della perfetta unità. E dopo la lunga nebbia della tristezza e la scura e spiacevole caligine della lunga separazione, è apparso a tutti il raggio sereno della desiderata unione.

    Gioisca anche la madre chiesa, che ormai vede i suoi figli, fino a questo momento separati, tornare all'unità ed alla pace; essa, che prima piangeva amaramente per la loro separazione, ringrazi l'onnipotente Dio con ineffabile gaudio (23) per la loro meravigliosa concordia di oggi. Esultino tutti i fedeli in ogni parte del mondo, ed i cristiani si rallegrino con la loro madre, la Chiesa cattolica."

  8. Sfortunatamente la comprensione dei Padri conciliari di Firenze fu dimenticata da entrambe le parti. Il Papa Clemente VIII nel 1595 adottò persino un provvedimento ufficiale della Chiesa, che la contraddiceva. Nell'agosto del 1595 il sinodo della metropolia di Kiev aveva votato all'unanimità a favore di un'istanza di comunione con Roma, che era concepita conformemente alle conclusioni di Firenze. Nella sua risposta, nella bolla "Magnus Dominus" del 23.12.1595, Clemente VIII stabilì le modalità per l'unione, che contraddicevano chiaramente le decisioni di Firenze (24).

    Nonostante ciò anche nel XVII secolo entrambe le parti praticarono – malgrado le tensioni – una limitata comunione sacramentale. Solo dall'inizio del XVIII secolo in poi i latini dubitarono costantemente che i vescovi e i preti greci amministrassero legittimamente i sacramenti, e Roma nel 1729 proibì ogni "communicatio in sacris" tra i fedeli che erano uniti al Papa e quelli che non lo erano. I Patriarchi greci reagirono e nel 1755 dichiararono i Cattolici non battezzati (25).

    Così agendo, entrambe le parti rivendicarono una pretesa di esclusività ecclesiologica, che li condusse progressivamente da una disapprovazione ad un vero e proprio rigetto reciproco. Da quel momento in poi tra i Greci ed i Latini ci fu effettivamente un problema di fede, poiché entrambe le parti ritenevano di essere in maniera esclusiva la Chiesa di Cristo, mentre l'altra parte era considerata non essere più santificante.

6. Come cercare di arrivare alla comunione e porre fine agli scismi?

Quando il Papa Giovanni Paolo II, il 5 giugno 1991, incontrò la Chiesa Ortodossa Polacca, affermò: "Il dialogo della verità, della sincerità e dell'amore è la sola via per una piena unità. È un dono di Dio, un mezzo insostituibile per la via della riconciliazione" (26).

L'affermazione vale per entrambe i tipi di scisma che sono citati nel documento ecumenico del Concilio Vaticano II.

  1. Un dialogo teologico che voglia essere intrapreso in una vera separazione nella fede, in primo luogo deve analizzare i doni della grazia che sono dati ad una e all'altra comunità in dialogo. Apprezzare questi doni, dovunque si trovino, rallegrarsene e rendere grazie a Dio, che li elargisce ad entrambe le Chiese, è nel dialogo un dovere spirituale. È un vero compito teologico, poiché una teologia compresa correttamente, non è una semplice ricerca fatta solo di studio, ma è fatta anche di un esultante ringraziamento a Dio per la riflessione sull'opera della salvezza.

    Poi ci si deve interrogare sulla rilevanza delle dissensioni che si sono accumulate tra entrambe le Chiese. Bisogna anche esaminare quel fardello e spetta alla discrezione teologica delle parti in dialogo di ponderare l'importanza che i doni di grazia conferiti alle chiese hanno rispetto alle discrepanze e, ancor prima di una unione delle Chiese, giungere ad un appianamento delle differenze che sono in contrasto alla cosiddetta "riconciliazione degli opposti", poiché una contraddizione reale nella dottrina della Chiesa non può esserci in una Chiesa unita.

  2. Poichè nel dialogo tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica si incontrano due Chiese, alle quali secondo il disegno di Dio è propria una tradizione particolare, la riduzione delle differenze tra loro non può essere auspicabile. Al contrario, la richiesta principale deve essere di raggiungere una maggiore tolleranza delle diversità.

    Ma attualmente c'è una grande differenza, riguardo alle convinzioni ecclesiologiche con le quali ci si accinge al lavoro. Come è stato esposto sopra, per il partecipante cattolico al dialogo non può esserci dubbio che la Chiesa ortodossa non abbia affatto falsificato la dottrina della fede. Se tuttavia, per il partner cattolico del dialogo, emergono dei dubbi su uno o più punti, ciò non può significare che i cattolici debbano sottrarre l'Ortodossia da una dottrina eretica; può solo significare che, rispetto a quel punto, la dottrina di entrambe le Chiese deve essere esposta meglio, affinché l'errata impressione, che una delle due Chiese sia caduta nell'errore, sia refutata.

    Anche da parte degli Ortodossi molti teologi e prelati considerano la parte cattolica come una Chiesa sorella. Con questi, i partecipanti cattolici potrebbero condurre il dialogo in un modo giudicato giusto anche per loro. Ma per quanto concerne il riconoscimento di noi cattolici come Chiesa sorella da parte degli Ortodossi, non c'è ancora una dichiarazione ortodossa vincolante. Al contrario ci sono autorevoli rifiuti di tale riconoscimento, come per esempio nelle prese di posizione contrarie al documento della commissione per il dialogo di Balamand dei rappresentanti di uno dei 20 monasteri del monte Athos (27). Per loro – e non solo per loro – continua ad esistere ancor oggi l'assenza di una mutua fiducia, che nel settecento portò ad una reciproca condanna tra Cattolici ed Ortodossi. Inoltre, continuano ad affermare che gli enunciati di fede cattolici, che si differenziano dalla teologia ortodossa, non siano enunciati, che esprimono la santa eredità che anche la Chiesa Ortodossa insegna, ma sono falsificazioni dell'eredità della Chiesa, e che per il raggiungimento della Communio deve essere stabilito ciò che i Cattolici nel corso degli ultimi secoli hanno corrotto.

  3. È un'impresa difficile condurre un dialogo, in cui per una parte è provato ecclesiologicamente ciò che i rappresentanti dell'altra parte considerano dover essere ancora verificato. Tuttavia solo tra Chiese sorelle può esserci comunione e l'indispensabile presupposto per la ripresa dei negoziati sulla comunione tra le due comunità è che esse sono Chiese sorelle e che come tali si riconoscano. Noi dobbiamo aspettare con pazienza – per poter ottenere risultati positivi nella nostra ricerca della comunione – che tutta la Chiesa Ortodossa riconosca noi Cattolici come Chiesa sorella e convenga che l'eredità occidentale, spirituale e liturgica, disciplinare e teologica, appartiene alla piena cattolicità ed apostolicità della Chiesa, allo stesso modo in cui il Concilio Vaticano II ha riconosciuto questo per le tradizioni orientali.(28)

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  1. Cfr. V. Peri, Le vocabulaire des relations entre les Églises d'Occident et d'Orient jusqu'au XVIe siècle, in: Irénikon 65(1992)194-199.).

  2. Cfr. W. Hryniewicz, Unio sine destuctione, in: ders., Przeszlosc zostawic Bogu, Opole 1995, S.81-111; Suttner, Metropolit Petr Mogila e la "Sententia cuiusdam nobilis Poloni graecae religionis" redatta nel 1644 sull'unione delle Chiese, in: Rappert (Hg.), Kirche in einer zueinander rückenden Welt, Würzburg 2003, S.394-405 (entrambe i saggi con Lit.).

  3. Unitatis redintegratio, 15. Ad eventuali tentativi di attribuiure a queste parole solo un senso indebolito, è stato posto un freno nel documento "Dominus Jesus" della Congregazione per la dottrina della fede, del 6.8.2000, infatti nell’articolo 17 si afferma esplicitamente: " Le Chiese che, pur non essendo in perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, restano unite ad essa per mezzo di strettissimi vincoli, quali la successione apostolica e la valida Eucaristia, sono vere Chiese particolari. Perciò anche in queste Chiese è presente e operante la Chiesa di Cristo, sebbene manchi la piena comunione con la Chiesa cattolica, in quanto non accettano la dottrina cattolica del Primato …".

  4. Cfr. 1 Cor 13, 9-10.

  5. Unitatis redintegratio, 14.

  6. Unitatis redintegratio, 14.

  7. Unitatis redintegratio, 13.

  8. Cfr. Atti 4, 32.

  9. Cfr. Atti 2, 42, 44.

  10. La denominazione viene dal greco "henosis" = "unificazione (unione)".

  11. Al fine di comprendere la linea di pensiero dell'imperatore Zenone, dell'arcivescovo Akakios e della Chiesa d'oriente dell'epoca, che non avevano adottato le decisioni del Concilio, c'è da pensare, che la Chiesa ritenesse di predicare la verità sull'Incarnazione anche prima del 451 (prima del Concilio di Calcedonia). Ciò senza la formulazione del testo delle decisioni del Concilio, che ancora non c'era. Perché dopo il 482 avrebbe dovuto essere impossibile ciò che prima del 451 era ovvio? Cfr. Vedere anche Suttner, Vorchalcedonische und chalcedonische Christologie: die eine Wahrheit in unterschiedlicher Begrifflichkeit, in: Rappert (Hg.), Kirche in einer zueinander rückenden Welt, p. 155-170.

  12. L'autore cita due ricreche di storia della Chiesa relative all'argomento. In una si mostra che nei 464 anni che vanno dall'inizio della dominazione di Costantino da solo (nel 323) fino al VII concilio ecumenico (nel 787) tra i Greci ed i Latini ci sono stati cinque scismi duranti in totale 203 anni. L'altra ricerca rende conto di sette scismi per un totale di 217 anni, nei 506 anni che vanno dalla morte dell'imperatore Costantino (nel 337) fino alla definitiva accettazione delle decisioni del settimo concilio ecumenico della città imperiale di Costantinopoli (nel 843); Cfr. Yves Congar, Zerrissene Christenheit, Wien 1959, p. 111.

  13. Fanatico delle tramandate unsance della Chiesa; il nome della fazione viene dal greco "zelos" = zelante.

  14. In una lettera del papa Nicola sono raccolti i punti per i quali Fozio a quel tempo si opponeva ai Latini. Le accuse con le quali senza dubbio non voleva rimproverare solo i Latini, ma anche portare alla sua causa gli Zeloti, che parteggiavano per Ignazio, erano: 1) il digiuno dei Latini il sabato, che Fozio rifiuatava in quanto contrario agli usi bizantini; 2) la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal figlio; 3) l'obbligo del celibato per tutti i preti; 4) il fatto che i preti latini non amministravano il sacramento della cresima subito dopo il battesimo; 5) l'errata supposizione che i Latini preparassero il sacro Crisma dall'acqua; 6) i precetti di astinenza peculiari dei Latini, che erano diversi da quelli dei Bizantini; 7) l'asserzione che i Latini, a Pasqua, secondo l'uso ebraico, offrissero insieme all'eucaristia anche un agnello pasquale; 8) il fatto che i chierici latini si radessero la barba; 9) che i diaconi latini potessero essere consacrati vescovi, senza aver servito per un certo tempo come sacerdoti. Al decimo posto seguiva la norma che ogni futura professione di fede, per essere accettata da Costantinopoli, avrebbe dovuto confermare i nove punti e pronunciare un'esplicito riconoscimento del primato della Sede patriracale di Costantinopoli. (Cfr. M. Jugie, Theologia dogmatica christianirum orientalium, Tomus I, Paris 1926, p. 105 ss).

  15. A quell'epoca, la fazione calcedoniana del Patriarcato di Oriente non aveva ancora adottato il rito della città imperiale di Costantinopoli. A quel tempo, alcuni antentati degli attuali Cristiani ortodossi seguivano ancora gli usi siriani o copti. L'esigenza di un'unità di rito come espressione dell'unità nella fede, che oggi è sollevata dalla maggioranza dei teologi ortodossi, all'epoca era sconosciuta. La commissione per il dialogo cattolico-ortodosso si richiama, nella dichiarazione di Bari all'articolo 53, al succitato principio del 879/80.

  16. Nella sua lettera pastorale l'arcivescovo considerava la guerra di Crimea come una "crociata contro i foziani"; Cfr. die Ausführungen zu Chomjakovs Entgegnung auf das Hirtenschreiben bei Suttner, Offenbarung, Gnade und Kirche bei A.S.Chomjakov, Würzburg 1967, S. 137 ff.

  17. Joseph Hergenröther ha condotto delle ricerche innovatrici; Cfr., Photios, Patriarch von Constantinopel, 3 Bde, Regensburg 1867-69.

  18. S. Congregatio Consistorialis, Index sedium titularium Achiepiscopalium et Episcopalium, Vatikan 1933.

  19. Cfr. Suttner, Kirche und Nationen, 2 Bde., Würzburg 1997, passim.

  20. La significatività di questo fatto si evidenzia se si confronta con il Concilio Vaticano II. Proprio in questo concilio, che ha portato all'apertura della Chiesa Cattolica all'ideale del movimento ecumenico, i Cattolici e gli Ortodossi del XX secolo ritenevano non più possibile la partecipazione di "scismatici" come Padri conciliari. Con ciò volevano significare che i vescovi ed i teologi ortodossi non possono partecipare ad un concilio convocato da un Papa, se non come osservatori, poiché consideravano i diversi piani devozionali e conoscitivi di entrambe le parti come differenze nella fede. Per loro era inaccettabile ciò che a Firenze entrambe le parti ritenevano giusto. A quel tempo il confine tra Cattolci ed Ortodossi si chiamava esattamente come oggi "scisma", tuttavia si riteneva essere meno sostanziale che non nel XX secolo.

  21. Ciò lo dedussero dal fatto che anche i Santi Padri, la cui ortodossia nella fede accordata loro dall'assistenza dello Spirito Santo non può essere negata, nel parlare della processione dello Spirito Santo avevano usato delle formulazioni diverse. J. Gill, Konstanz und Basel-Florenz, Mainz 1967, p. 300-, riassume i lunghi dibattiti nel senso che, l'intesa fu possibile quando "si acquisì la chiara convinzione che né la teologia greca, né quella latina erano nell'errore, ma piuttosto che entrambe erano corrette, poiché entrambe essenzialemente credevano la stessa cosa, ma la esprimevano in una forma diversa. Questa convinzione si basava su un assioma, che loro affermavano e che nessuno dei Greci presenti al Concilio di Firenze aveva ritenuto opportuno negare, tanto era ovvio per loro: che tutti i beati sono ispirati dallo Spirito Santo e per questo devono concordare reciprocamente sulle questioni della fede. L'affermazione di un contrasto avrebbe significato mettere lo Spirito Santo in contraddizione con se stesso. I santi possono esprimere la loro fede in forme diverse, ma senza contraddirsi l'un l'altro."

  22. Una formulazione "moderna" della limitazione della prestesa al primato romano su ciò che "è incluso negli atti dei concili ecumenici e dei sacri canoni" la trovò Josef Ratzinger nel 1976, quando spiegò che la Chiesa Cattolica poteva esigera dai cristiani di oriente come dichiarazione di fede solo ciò che anche nel primo millennio fu formulato e vissuto; Ratzinger pubblicò questa affermazione riveduta, dopo aver già assunto il suo attuale incarico romano (Cfr. J. Ratzinger, Theologische Prinzipienlehre, München 1982, p. 209). Sulla dottrina cattolica sul Papa Cfr. Suttner, Der Wandel in der Ausübung des römischen Primats im Gefolge der Brester Union, in OS 54(2005).

  23. La Chiesa Cattolica può avere solo figli ortodossi nella fede, e tale aveva secondo l'esplicita testimonianza del documento conciliare da entrambe le parti del muro. Pianse, perché i suoi fedeli ortodossi nella fede erano separati ed ora si rallegra che questa separazione ha fine.

  24. Le prove di queste dichiarazioni si trovano in Suttner, Die Union in den ruthenischen Landen. Das Florentiner Geschehen von 1439 und die Brester Union (1595/96), in: OS 53(2004)3-16; ders., Das Verständnis in Polen-Litauen und in Rom zur Zeit der Brester Union vom Schisma und von einer Union, in: Orientalia Christiana Periodica 71(2005).

  25. Cfr.. den Abschnitt "Nachtridentinische Auffassungen setzen sich durch" bei Suttner, Die Christenheit aus Ost und West auf der Suche nach dem sichtbaren Ausdruck für ihre Einheit, Würzburg 1999, p. 186-202.

  26. Il testo originale in polacco del discorso del papa, in occasione del viaggio in Polonia dal 1° al 9 giugno 1991, era disponibile in un inserto dell'Osservatore Romano. Il discorso nella Cattedrale di Bialystok (alle pagine XXI-XXII dell'allegato) era allegato nell'Osservatore Romano del 10/11 giugno 1991; una traduzione italaina fu stampata già nel numero del 7 giugno 1991.

  27. La presa di posizione si può trovare all'indirizzo internet: http://www.orthodoxinfo.com/ecumenism/athos_bal.aspx

  28. Cfr. Unitatis redintegratio, 17.